sabato 12 febbraio 2011

Quando il telaio scricchiola. La val Pellce e la crisi del cotonificio Mazzonis


Che cosa avviene in provincia quando un mondo basato su "terra e telai" entra in crisi e si scontra con l'espansione della metro­poli, in particolare della metropoli tori­nese, se­gnata dalla crescita della FIAT negli anni '50 e '60 di questo secolo?
Attorno a tale domanda ruota tutta la mia ricerca, i cui obiet­tivi si muovono in due dire­zioni. In primo luogo mi sono propo­sto di ren­dere conto di alcuni aspetti della vita quotidiana delle mae­stranze Mazzo­nis nel periodo antece­dente la chiu­sura del Cotonificio. Su questa base ho ritenuto importante ten­tare di deli­neare la fisionomia di un mondo - la val Pellice -relativamente orga­nico, stretto in­torno alla Mazzo­nis, che negli anni '50 del '900 conti­nua ad essere la piu' importante ri­sorsa econo­mica della zona con i suoi 3000 operai distribuiti nei due sta­bilimenti di Torre Pel­lice e Luserna San Gio­vanni; un mondo anche piuttosto chiuso in se stesso, sempre piu' emarginato dai processi di mo­dernizzazione che coinvolgono l'ambiente circo­stante e infine costretto a misurare il ritardo che lo se­para dall'Italia del "mi­racolo" proprio nel momento in cui si esaurisce la fonte princi­pale di lavoro e di ricchezza per la Valle, ap­punto la Maz­zonis.
In secondo luogo, seguendo l'itinerario di la­voro e di vita di un gruppo di operai tessili an­cora at­tivi negli anni '60, mi sono proposto di descrivere l'impatto della crisi del cotoni­ficio Mazzonis sulla vita delle famiglie operaie e in generale sull'economia della Valle: si pensi alle drammatiche conseguenze della di­soccupazione, alle strategie messe in atto per sopravvi­vere ed alla condizione sociale suc­cessiva alla fine dell'esperienza Maz­zonis. Nell'analisi del conte­sto in cui gli at­tori si sono trovati ad agire, ho tentato poi di svilup­pare una delle ipotesi di fondo della ricerca: l'idea cioe' che dopo la chiusura della Mazzonis la val Pellice, da zona chiusa in se stessa, abbia gra­dualmente aumentato le sue relazioni con il mondo circostante e dal nuovo rapporto creatosi con l'esterno sia scatu­rita anche una nuova mentalita'. La chiusura della Mazzonis, in al­tre parole, conduce si ad una ridu­zione netta delle occasioni di sviluppo auto­nomo, ma, nello stesso tempo, sembra contribuire a libe­rare nuove energie che, pa­radossalmente, lavore­ranno nella pro­spettiva di una progressiva e radi­cale trasformazione in senso piu' moderno della zona.
Questi dunque gli obiettivi di fondo. Veniamo ora alla strut­tura dell'esposizione. La prima parte (capp.I-V) e' dedi­cata alla vita in fabbrica e in valle fino ai primi anni '60. Vengono espo­sti i ca­ratteri geografici, sociali ed economici dell'area presa in considerazione nel corso del '900 e, sulla base di fonti d'archivio, viene poi of­ferta al lettore la "radiografia" di un gruppo con­sistente di operai tessili residenti a Luserna San Giovanni al 1961, con ri­ferimento alle differenze relative al sesso, alla reli­gione, all'eta', al ti­tolo di studio, alla struttura del reddito fami­gliare e alla loro occupazione spe­cifica. Dall'analisi quantitativa dei dati emerge chiaramente il rapporto di stretta dipendenza economica di molte famiglie dall'industria tessile.
Degli operai Mazzonis si considerano successiva­mente le vicende all'interno e fuori degli sta­bilimenti. La prima parte della ricerca si conclude con un'analisi dei rap­porti tra operai e sindacali­sti durante gli anni '50 dalla quale emerge l'idea di una classe operaia assai "docile". La supposta "docilita'" degli operai e la loro diffidenza nei confronti del sinda­cato sembrano pero' venire molto presto smentiti dallo sciopero del 1960-61, descritto su­bito dopo: vicenda protrattasi dall'autunno del 1960 fino alla primavera suc­cessiva.
La seconda parte del lavoro (capp.VI-X) prende le mosse dall'analisi della crisi industriale che coinvolge il comprenso­rio pinerolese intorno alla meta' degli anni '60. Per quanto riguarda la crisi della Mazzonis nella sua specificita' mi e' parso utile guardare con attenzione alle reazioni degli operai, all'analisi delle re­sponsabilita' che essi svilup­parono circa il fallimento dell'azienda e infine all'impatto della chiu­sura del Cotonificio sulle famiglie, ai drammi umani inevitabili in una situazione del genere, alle iniziative di spontanea solida­rieta' unitamente a quelle delle istituzioni.
Agli ultimi due capitoli e' infine affidato il compito di sol­levare una serie di problemi relativi alla fisionomia econo­mica che la valle assume nella seconda meta' degli anni '60 e nei primi anni '70. La val Pellice sembra in­fatti presentare con la fine della Mazzonis due facce di­verse: da un lato essa appare piu' ricca; dall'altro pero' sembra denun­ciare un progressivo invec­chiamento della popo­lazione; quanto agli ex-operai Mazzo­nis, di essi va consi­derato il progressivo grado di emargina­zione. Le donne sem­brano pagare i costi maggiori della crisi sia in termini economici che umani; la maggior parte di esse dopo un'esperienza piu' o meno lunga in fabbrica si trova a do­ver ritornare a casa nono­stante un'eta' relativamente gio­vane; per molti uo­mini al contrario la chiusura della Maz­zonis coin­cide con il proprio pensionamento, vissuto, cosi' come la fine dell'azienda, al pari di un evento fa­tale, di­rei quasi naturale.
Vorrei approfittare dell'occasione per segnalare che i natri delle interviste effettuate agli ex-operai e la relativa trascrizione sono depositati presso l'Archivio Sonoro della Societa' di Studi Valdesi.
Il volume è attualmente in vendita e reperibile nelle librerie, oltre in molte biblioteche piemontesi.

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