Quanto
lavora un docente?
Contestualmente alla proposta di aumentare l’orario
cattedra dei docenti di sei ore, il Ministro Profumo ha dichiarato «Chiedo che
siano più flessibili. Si potranno differenziare gli stipendi: più bassi per chi
vuole lavorare solo la mattina, retribuzione piena per chi accetta l'aumento
delle ore». Viene allora spontaneo chiedersi: di quale scuola sta parlando il
Ministro? Forse dell’Università da cui proviene, dove al tempo in cui mi sono
laureato, quelli come lui tenevano corsi di tre ore di lezione la settimana (ma
mai nessuno si sognava di dire che facevano un lavoro part-time, perché loro,
si sa, “fanno ricerca”).
Vorrei allora provare a spiegare al Ministro che anche
noi facciamo ricerca (altrimenti la didattica sarebbe ferma a quella di mio
nonno) e comunque sia il nostro non è un lavoro part-time: intanto 18 ore in
classe significano da 4 a 9 classi di studenti, di almeno 30 persone con gli
attuali parametri, che stanno distruggendo la qualità di una didattica ottimale
che presupporrebbe un numero di venti allievi al massimo.
Le classi affollate che i ministri Gelmini e Profumo
hanno creato richiedono una programmazione meticolosa che inizia con i collegi
docenti, prosegue con i dipartimenti, si affina nei consigli di classe e si
completa con molte ore di lavoro a casa in elaborati piani annuali di lavoro.
In altre parole dal progetto educativo complessivo di un collegio docenti, si
passa alla declinazione degli obiettivi nelle singole discipline e alla loro
concreta attuazione nelle classi dove ci si deve preoccupare non solo del
successo formativo degli studenti senza problemi, ma di quello degli allievi
diversamente abili, con DSA (dislessici), con esigenze educative speciali per
ognuno dei quali deve essere redatto uno specifico piano di lavoro individuale.
Contrattualmente si tratta di 80 ore l’anno, ma di fatto sono almeno il triplo
perché, grazie alla generosità di chi pratica questo mestiere per passione, i
documenti vengono spesso preparati e redatti a casa; inoltre in una scuola con
una media di 1200 studenti, è praticamente impossibile che un docente abbia una
calendarizzazione concentrata dei propri impegni, col risultato che, dopo aver
terminato le tue lezioni alle 13:30 puoi trovarti impegnato in un consiglio di
classe di un’ora alle 14, poi un “buco” di due ore, poi un altro consiglio di
classe alle 16 e così via fino alle 20. Non credo che nessuno vada a casa per
un’ora – specie se viaggia – e non mi risulta che esistano categorie il cui
orario può essere interrotto in questo modo. Da notare che i docenti della
scuola secondaria sono l’unica categoria impiegatizia in Italia che lavora
mattino e pomeriggio, a volte anche per nove ore con le attività collegiali,
per i quali non è previsto alcun buono pasto, che ti devi ovviamente pagare.
A tutto ciò si aggiunga la relazione con i genitori,
costruita ormai da anni non solo attraverso riunioni periodiche, ma anche con
appuntamenti individualizzati, che si fanno sempre più frequenti. Nelle
restanti settimane vuote di pomeriggio poi vanno inserite le attività
integrative pomeridiane e – soprattutto – i corsi di recupero che sono
un’attività obbligatoria per legge.
Già così non sarebbe un lavoro part-time ma, come il
Ministro sa bene, perché anche lui è stato insegnante, i docenti della scuola
secondaria quando non insegnano, preparano le lezioni, preparano le verifiche
(personalizzandole secondo le diverse tipologie di allievi), correggono compiti
(sempre di più visto l’aumentato numero di allievi per classe), progettano le
attività extracurricolari, che includono tra l’altro la pesante partita
dell’orientamento.
Di recente il Ministro porta in giro con vanto la
diffusione delle Nuove Tecnologie nella scuola attraverso le LIM (Lavagne Interattive
Multimediali): la LIM è un ottimo strumento didattico, ma nessuno si è posto il
problema delle migliaia di ore – oltre che di elevatissima professionalità – richieste
al docente per preparare lezioni interattive. Ore non retribuite, ma che
rientrano nella preparazione delle lezioni.
Vorrei sfatare anche il famoso mito dei “tre mesi di
vacanza”. La scuola finisce a metà giugno, poi ci sono gli scrutini, gli
adempimenti burocratici legati ai consuntivi, i corsi di recupero. Ma già verso
il 20 cominciano gli esami di Stato che finiscono a metà luglio e il primo
settembre si ricomincia a programmare. Dunque, considerando che tutti hanno
ancora un mese di ferie ad agosto a noi insegnanti si contestano 15 giorni di
vacanza a luglio più degli altri, e non tre mesi! Peccato però che alla scuola
si chieda di aggiornarsi in modo da essere al passo con i tempi: tutte le
categorie professionali vengono aggiornate all’interno del loro orario di
servizio, ai docenti sono riservati solo cinque giorni per eventuali congressi
o seminari - con oneri a loro carico-,
ma non è detto che tu possa fruirne se non ci sono colleghi disponibili a
sostituirti. E’ dunque evidente che quei famosi quindici giorni, oltre alle
ferie che per noi non sono evidentemente tali perché sei docente dodici mesi
all’anno, sono destinati all’aggiornamento professionale, alla lettura, allo
studio, alla programmazione delle novità – incluse le lezioni con le LIM – che
vorrai introdurre nell’anno scolastico successivo. L’aggiornamento non è una opzione,
visto che il riordino Gelmini ce lo impone: invece di preoccuparsi delle sei
ore in più dei docenti il Ministro dovrebbe darsi da fare per accompagnarci in
questa riforma.
Naturalmente in un momento in cui va di moda dire
“E’ l’Europa che ce lo chiede” è giusto anche fare qualche raffronto. Sono di
recente rientrato da un seminario europeo nel quale i colleghi di Finlandia,
Germania, Grecia, Portogallo e altri paesi mi hanno confermato che un po’
ovunque, al di là dei calendari, l’anno scolastico si compone mediamente di 200
giorni di scuola. Come però ha recentemente ricordato la UIL, attraverso dati dell’agenzia europea sulla scuola
Eurydice, la media delle ore settimanali di insegnamento dei docenti italiani è
superiore alla media europea: nella scuola dell'infanzia con 25 ore contro 19,6
di media, nella scuola secondaria di I grado identica alla media con 18 ore e
nella scuola secondaria di II grado con 18 ore contro le 16,3 di media. I
colleghi francesi, per fare solo un esempio, a fronte di uno stipendio di circa
2500 euro in busta al mese, vanno in classe per 16 ore la settimana. La
Finlandia è spesso citata come un esempio di eccellenza ma sarebbe anche giusto
dire che un docente finlandese raggiunge 61 mila euro annui dopo 16 anni di servizio a
differenza dei docenti italiani che potranno percepire un massimo di € 48.000
dopo 35 anni di servizio (dato lordo, ovviamente). Ma a fronte di questa
situazione il nostro Ministro propone uno stipendio fermo fino al 2014, senza
indennità di vacanza contrattuale, e minaccia pure una riduzione qualora non si
accettino le 24 ore.
La proposta del Ministro Profumo mi
sembra veramente l’ultimo passo verso il definitivo smantellamento della scuola
pubblica – che avviene non a caso contemporaneamente a massicci trasferimenti
di risorse pubbliche verso le scuole e consorzi privati – e lo svilimento della
professione docente. Una proposta che chi – docente, genitore, cittadino -
vuole una scuola che formi e crei una cultura che contribuisca al futuro del
nostro Paese non può che considerare oltre che inopportuna, decisamente lesiva
del diritto all’istruzione.
Qualcuno obietterà che mancano i
soldi per le supplenze dei docenti. Se il problema fosse realmente questo,
basterebbe riportare le scuole al regime delle unità orarie di 50 minuti, con
il quale hanno funzionato molte di esse – per motivi strutturali – dal 1978
fino a due anni fa: la qualità didattica non ne risentirebbe affatto e ciascun
docente potrebbe mettere le sue tre ore di risparmio a disposizione – non per
incrementare ulteriormente la cattedra – ma per sostituire i colleghi assenti.
Una soluzione semplicissima, ma temo che dietro al pretesto delle supplenze, si
celi invece la volontà di tagliare ancora. E pensare che un anno fa a Lingotto,
al Salone del Libro, ad una esplicita richiesta dell’Assessore provinciale
all’Istruzione Umberto D’Ottavio che chiedeva al Ministro se i tagli erano
finiti, Profumo aveva assicurato che la scuola aveva dato tantissimo e non
c’era più nulla da chiederle. Grazie Ministro per la lezione di onestà e coerenza.
Valter
Careglio
Liceo
“G.F.Porporato” – Pinerolo (To)