Che cosa avviene in provincia quando un mondo basato su "terra e telai" entra in crisi e si scontra con l'espansione della metropoli, in particolare della metropoli torinese, segnata dalla crescita della FIAT negli anni '50 e '60 di questo secolo?
Attorno a tale domanda ruota tutta la mia ricerca, i cui obiettivi si muovono in due direzioni. In primo luogo mi sono proposto di rendere conto di alcuni aspetti della vita quotidiana delle maestranze Mazzonis nel periodo antecedente la chiusura del Cotonificio. Su questa base ho ritenuto importante tentare di delineare la fisionomia di un mondo - la val Pellice -relativamente organico, stretto intorno alla Mazzonis, che negli anni '50 del '900 continua ad essere la piu' importante risorsa economica della zona con i suoi 3000 operai distribuiti nei due stabilimenti di Torre Pellice e Luserna San Giovanni; un mondo anche piuttosto chiuso in se stesso, sempre piu' emarginato dai processi di modernizzazione che coinvolgono l'ambiente circostante e infine costretto a misurare il ritardo che lo separa dall'Italia del "miracolo" proprio nel momento in cui si esaurisce la fonte principale di lavoro e di ricchezza per la Valle, appunto la Mazzonis.
In secondo luogo, seguendo l'itinerario di lavoro e di vita di un gruppo di operai tessili ancora attivi negli anni '60, mi sono proposto di descrivere l'impatto della crisi del cotonificio Mazzonis sulla vita delle famiglie operaie e in generale sull'economia della Valle: si pensi alle drammatiche conseguenze della disoccupazione, alle strategie messe in atto per sopravvivere ed alla condizione sociale successiva alla fine dell'esperienza Mazzonis. Nell'analisi del contesto in cui gli attori si sono trovati ad agire, ho tentato poi di sviluppare una delle ipotesi di fondo della ricerca: l'idea cioe' che dopo la chiusura della Mazzonis la val Pellice, da zona chiusa in se stessa, abbia gradualmente aumentato le sue relazioni con il mondo circostante e dal nuovo rapporto creatosi con l'esterno sia scaturita anche una nuova mentalita'. La chiusura della Mazzonis, in altre parole, conduce si ad una riduzione netta delle occasioni di sviluppo autonomo, ma, nello stesso tempo, sembra contribuire a liberare nuove energie che, paradossalmente, lavoreranno nella prospettiva di una progressiva e radicale trasformazione in senso piu' moderno della zona.
Questi dunque gli obiettivi di fondo. Veniamo ora alla struttura dell'esposizione. La prima parte (capp.I-V) e' dedicata alla vita in fabbrica e in valle fino ai primi anni '60. Vengono esposti i caratteri geografici, sociali ed economici dell'area presa in considerazione nel corso del '900 e, sulla base di fonti d'archivio, viene poi offerta al lettore la "radiografia" di un gruppo consistente di operai tessili residenti a Luserna San Giovanni al 1961, con riferimento alle differenze relative al sesso, alla religione, all'eta', al titolo di studio, alla struttura del reddito famigliare e alla loro occupazione specifica. Dall'analisi quantitativa dei dati emerge chiaramente il rapporto di stretta dipendenza economica di molte famiglie dall'industria tessile.
Degli operai Mazzonis si considerano successivamente le vicende all'interno e fuori degli stabilimenti. La prima parte della ricerca si conclude con un'analisi dei rapporti tra operai e sindacalisti durante gli anni '50 dalla quale emerge l'idea di una classe operaia assai "docile". La supposta "docilita'" degli operai e la loro diffidenza nei confronti del sindacato sembrano pero' venire molto presto smentiti dallo sciopero del 1960-61, descritto subito dopo: vicenda protrattasi dall'autunno del 1960 fino alla primavera successiva.
La seconda parte del lavoro (capp.VI-X) prende le mosse dall'analisi della crisi industriale che coinvolge il comprensorio pinerolese intorno alla meta' degli anni '60. Per quanto riguarda la crisi della Mazzonis nella sua specificita' mi e' parso utile guardare con attenzione alle reazioni degli operai, all'analisi delle responsabilita' che essi svilupparono circa il fallimento dell'azienda e infine all'impatto della chiusura del Cotonificio sulle famiglie, ai drammi umani inevitabili in una situazione del genere, alle iniziative di spontanea solidarieta' unitamente a quelle delle istituzioni.
Agli ultimi due capitoli e' infine affidato il compito di sollevare una serie di problemi relativi alla fisionomia economica che la valle assume nella seconda meta' degli anni '60 e nei primi anni '70. La val Pellice sembra infatti presentare con la fine della Mazzonis due facce diverse: da un lato essa appare piu' ricca; dall'altro pero' sembra denunciare un progressivo invecchiamento della popolazione; quanto agli ex-operai Mazzonis, di essi va considerato il progressivo grado di emarginazione. Le donne sembrano pagare i costi maggiori della crisi sia in termini economici che umani; la maggior parte di esse dopo un'esperienza piu' o meno lunga in fabbrica si trova a dover ritornare a casa nonostante un'eta' relativamente giovane; per molti uomini al contrario la chiusura della Mazzonis coincide con il proprio pensionamento, vissuto, cosi' come la fine dell'azienda, al pari di un evento fatale, direi quasi naturale.
Vorrei approfittare dell'occasione per segnalare che i natri delle interviste effettuate agli ex-operai e la relativa trascrizione sono depositati presso l'Archivio Sonoro della Societa' di Studi Valdesi.
Il volume è attualmente in vendita e reperibile nelle librerie, oltre in molte biblioteche piemontesi.